Pagine

giovedì 30 giugno 2011

I TEMPLARI: QUALE ERESIA?


Supplizio dei Templari


Il 13 ottobre del 1307 i Templari vennero arrestati con l’accusa di eresia, cospirazione e anche qualche altro terribile delitto.
Ai Cavalieri vennero imputati atti blasfemi come per esempio quello che vedeva il nuovo Templare all’atto dell’investitura sputare tre volte sulla croce e maledire il Cristo.
Un’altra gravissima accusa fu quella di adorare una testa barbuta, Il Bafometto, per il quale l’intero Ordine dimostrava una particolare venerazione.

SPAVENTOSO INCENDIO NEL COLLE DI S. ELIA A CAGLIARI




Il 29 giugno 2011 verso le h 23,10 è scoppiato uno spaventoso incendio che ha devastato tutta l'area del colle nel lato propiscente al faro, in questo momento alle h 00,40 l'incendio non è ancora stato domato nonostante l'intervento dei vigili del fuoco, ancora non sono intervenuti i mezzi aerei.

mercoledì 29 giugno 2011

ARCHEOLOGIA SARDA: VISITA ALLA NECROPOLI DI MONTESSU - VILLAPERUCCIO






Montessu si trova a 2 Km da Villaperuccio e si raggiunge percorrendo la ss 293 fino al Km 60, dove si prenderà la strada provinciale che attraversa il paese. Dal paese prendere la strada per Narcao, attraversare il ponte sul Riu Mannu e, dopo 1,5 Km, svoltare a sinistra in corrispondenza del cartello che indica la necropoli che sarà raggiungibile dopo 1 Km circa.



La Necropoli rupestre ha un’estensione che supera un chilometro ed è forse la più grande della Sardegna. In essa sono presenti una quarantina di domus de janas scavate su una piattaforma in trachite che testimoniano diverse tipologie planimetriche.


Archeologia. Le 600 monete della dea Tanit

 L'immagine non si riferisce al ritrovamento, è da ritenersi solo dimostrativa.



Un «tesoretto» di circa 600 monete bronzee del terzo secolo avanti Cristo è stato scoperto a Pantelleria. Il ritrovamento è il primo concreto risultato delle indagini archeologiche subacquee per la valorizzazione di siti sommersi nelle acque di Cala Tramontana a Pantelleria iniziate alcuni giorni fa. 
Il progetto è stato finanziato da Arcus Spa, la società del Ministero dei beni culturali per lo sviluppo dell'arte, e sarà realizzato da Pantelleria Ricerche soc.cons.arl, dalla Soprintendenza del Mare della Regione siciliana, dalla Soprintendenza dei beni culturali di Trapani e dal Dipartimento di Storia dell'Università di Sassari con il coordinamento scientifico di Sebastiano Tusa. 

martedì 28 giugno 2011

SINĀN, il Michelangelo d’Oriente

Istanbul, moschea Suleymaniye

Mi’mār Sinān (1489-1491 circa – 1588) è, senza dubbio, una delle figure di maggior rilievo dell’intera storia dell’architettura. Architetto e ingegnere alla corte ottomana durante i regni di Solimano il Magnifico, Selim II e Murad III, egli, con la sua opera, contribuì in misura determinante a caratterizzare gli sviluppi dell’architettura ottomana e a “islamizzare” il volto di Costantinopoli.
 

lunedì 27 giugno 2011

IL SIMBOLO DEL FUOCO E I RITI MAGICO-PROPIZIATORI IN SARDEGNA


Il simbolo del fuoco nell’immaginario collettivo di tutti i popoli rappresenta il sole e, come tale, possiede le energie purificatrici e rigeneratrici ad esso attribuite. Il sole e il fuoco simboleggiano il principio maschile in una contrapposizione complementare con l’acqua, che rappresenta sia l’elemento femminile che la luna, si parla di complementarietà perché è fondamentale comprendere il concetto del “duale” ereditato dalle religioni antiche.

domenica 26 giugno 2011

Archeologia:centinaia di scheletri sono stati ritrovati in una cavita sotterranea di Cagliari

 

Trovata catacomba utilizzata in diverse epoche storiche


BASTIONE DI SANTA CROCE

In una cavità sotterranea di Cagliari, sotto il bastione di Santa Croce, nel quartiere storico di Castello, è stato trovato un luogo di sepoltura con centinaia di scheletri umani.
Il sottosuolo di Cagliari è ricco di numerosissime cavità che hanno riservato non poche sorprese agli studiosi, ma questo ritrovamento è sicuramente uno dei più stupefacenti.

ARCHEOLOGIA SARDA: FILMATO SUL NURAGHE SANTU ANTINE - TORRALBA


Il complesso nuragico è costituito da un bastione quasi triangolare, all’interno del quale si trovano il più vasto cortile dell’architettura nuragica e la torre centrale, con le tre torri circolari poste ai vertici.

Intorno al bastione si trovano i resti di un vasto villaggio nuragico con capanne circolari, in taluni casi sovrapposto da ambienti con muri rettilinei ascrivibili all’epoca romana

Del nuraghe daremo a breve una descrizione più precisa, per il momento lasciamo parlare le immagini.


Per una migliore visione del video: http://www.youtube.com/watch?v=rr_TkvlvN_o

Fabrizio e Giovanna

sabato 25 giugno 2011

ARCHEOLOGIA SARDA: VISITA AL NURAGHE OROLO - BORTIGALI


veduta frontale: fronte bastionato e torre principale



Al nuraghe Orolo di Bortigali si arriva da Cagliari percorrendo la s.s. 131 fino al km. 149,500 dove si svolterà per Mulargia. Superato il paese percorrere altri 2 km. e proseguire a destra in direzione Bortigali.

venerdì 24 giugno 2011

I TEMPLARI E L’IDEALE DI CAVALLERIA SPIRITUALE



Il pensiero templare trae le sue origini da quello celtico, i primi cavalieri erano originari della Champagne nel nord-est della Francia, zona notoriamente di tradizione celtica.
Agli inizi del XIII sec. gli stati franchi in Terrasanta erano provati dalle sconfitte militari e il morale dei Crociati ne risentiva fortemente. Nel 1187 il Saladino riconquistò Gerusalemme inaugurando una serie continua di vittorie, che si protrasse fino al secolo successivo, la caduta della Città Santa venne interpretata dai Crociati, e in particolare da quelli appartenenti agli ordini militari, come un segno divino.

giovedì 23 giugno 2011

ARCHEOLOGIA SARDA: VISITA ALLA TOMBA DEI GIGANTI DI S'ENA E THOMES - DORGALI

S'ENA E THOMES: ESEDRA


Alla Tomba dei Giganti di S’Ena e Thomes di Dorgali, partendo da Cagliari,  si arriva svoltando al Km 123 della ss131 verso Nuoro - Siniscola (131 DCN), oltrepassato il bivio per Nuoro, si prende il successivo per Dorgali, l’ingesso all’area archeologica si trova dopo circa 4,1 Km segnalato da un cartello. Una volta giunti al cancello d’ingresso si lascia l’auto e si prosegue  a piedi per circa 400 m.

mercoledì 22 giugno 2011

SIMBOLISMO NELLA TESSITURA SARDA


L’antica arte della tessitura ha origini molto antiche e da sempre ha ispirato metafore relative all’uomo e alla vita.



Nella mitologia greca Esiodo ricorda le tre Moire Cloto, Lachesi e Atropo, divinità che tenevano nelle loro mani il filo della vita umana. La prima moira avvolgeva lo stame nella canocchia, la seconda lo filava con il fuso e la terza lo recideva quando il destino si era compiuto.

Il solstizio d’estate a Stonehenge tra nuove tradizioni ed antiche credenze

 

Oggi 21 giugno è il solstizio d'estate: a migliaia si sono radunati nel sito neolitico di stonehenge in occasione di questa data.


Questo sarà il nostro giorno più lungo, oltre che il primo della tanto agognata stagione estiva: il solstizio, in cui la nostra stella raggiungerà il punto di altezza massima possibile sull’orizzonte e di distanza dall’equatore. Impossibile non sentirsi invasi da un’energia nuova, in occasione di questi eventi astronomici che, da sempre, tutte le forme religiose e di culti più o meno popolari hanno investito di significati particolari, magici, esoterici e legati alla natura; un’energia che giunge anche dalla semplice constatazione che, finalmente, siamo sempre più vicini al tanto desiderato riposo, anche se talvolta troppo breve.
Nell’antichità, massima era l’attenzione a questo genere di fenomeni: i popoli grandi osservatori del cielo che tanto ci hanno lasciato in eredità e che per primi hanno sondato i misteri di quanto si muoveva sopra le nostre teste, guardavano a questo giorno come ad uno dei più importanti dell’anno. Il Sole legato strettamente all’elemento del fuoco è al centro di tutte le religioni dell’antichità ed è da sempre collegato a divinità buone o positive, dispensatore di vita e responsabile della rinascita nei cicli; i suoi sacerdoti ne erano anche dei grandi conoscitori e ben sapevano come carpire ogni singolo raggio al fine di poter godere dei suoi potenti influssi


continua su: http://www.fanpage.it/il-solstizio-destate-a-stonehenge-tra-nuove-tradizioni-ed-antiche-credenze/#ixzz1PxTk3iiH
Fanpage Social Media

ARCHEOLOGIA, SABATO A PALAZZO VECCHIO UN CONVEGNO DEDICATO ALLA CITTADINA CURDA DI ERBIL PER LA PROMOZIONE DELLA PACE, DELLO SVILUPPO E DELLA CULTURA

Saranno presenti l’assessore alla cultura Giuliano da Empoli e la presidente della commissione pace Susanna Agostini

Erbil
Oggi raggiunge un milione e mezzo di abitanti ed è una delle città più antiche della terra, in quanto il suo nucleo originario risale a 6000 anni fa. Si tratta di Erbil, capitale del Kurdistan iracheno, semisconosciuta al mondo occidentale ma vera ‘perla’ archeologica e culturale del Medio Oriente che, se non salvaguardata, rischia di scomparire. Se ne parlerà sabato prossimo a Palazzo Vecchio, in un convegno internazionale dal titolo “Nel Kurdistan iracheno tra passato e presente”, organizzato nel Salone dei Duecento dalle 9.30. Tra gli interventi previsti, l’assessore alla cultura Giuliano da Empoli, la presidente della commissione pace, diritti umani e relazioni internazionali Susanna Agostini, il direttore della rivista Archeologia Viva Piero Pruneti. Sarà anche presente Fariborz Kamkari, scrittore e regista de ‘I fiori di Kirkuk’, una storia d’amore sullo sfondo dell’Ira degli anni Ottanta.


Fonte: http://met.provincia.fi.it/news.aspx?n=95835

martedì 21 giugno 2011

CAGLIARI MEDIOEVALE - III parte -


I PISANI, LE TORRI DEL CASTELLO DI CASTRO E I CATALANO-ARAGONESI

All'inizio del XIV secolo i Pisani cominciarono a premunirsi contro il pericolo di un’invasione catalano-aragonese potenziando le fortificazioni di Castel di Castro con la costruzione di tre grandi torri, quella di San Pancrazio, quella dell’Elefante e quella del Leone, oggi di difficile lettura perché inglobata nel Palazzo Boyl.

LA TORRE DI SAN PANCRAZIO



Dalla sommità della Torre di S. Pancrazio è possibile individuare tutti i movimenti delle navi presenti nel Golfo di Cagliari, da Pula a Villasimius.
La sua costruzione fu iniziata nel 1305 e, stando ai due ordini di stemmi pisani ancora presenti nelle facciate, richiese altri due anni di lavori.


Sulla facciata rivolta verso la piazza Indipendenza, a destra dell’arcata della porta, è presente un concio marmoreo dove vengono citati i castellani Betto Alliata e Ranieri Di Bagno, l’impresario Betto Calzolari, il notaio Eldiso e l’Arcitector Optimus Giovanni Capula, che progettò anche la Torre dell’Elefante, iniziata poco tempo dopo.

Epigrafe situata a destra dell’arcata della porta


L’edificio si sviluppa su quattro piani e supera i 36 metri di altezza (37,15 m con il torrino posto sulla sommità).
Nel lato rivolto verso la Piazza Indipendenza presenta l’apertura originaria pisana, ripristinata con i lavori di restauro effettuati nel XX sec. dallo Scano che eliminarono lo spesso muro realizzato dagli aragonesi nel periodo compreso tra il 1326 e il 1328.

Lato rivolto verso la Piazza Indipendenza

L’ingresso della Torre, situato sulla Strada Avanzada, era dotato di un ponte levatoio e chiuso da due saracinesche ferrate e da tre portoni a doppia imposta; attualmente la struttura non presenta più questo meccanismo di chiusura, come accade invece in quella gemella dell’Elefante, perché nel corso dei secoli subì vari restauri che comportarono il suo inserimento in fortificazioni successive che determinarono anche la perdita della sua funzione originaria d’ingresso alla città.

Ingresso originario con i segni dell'antico ponte levatoio

Gli aragonesi, dopo aver conquistato Cagliari nel 1326, come già detto, chiusero il lato aperto della torre con un robusto muro. Con questa operazione di chiusura vennero ricavati quattro grandi ambienti con diverse funzioni, al primo piano avveniva ancora la manovra delle saracinesche, al secondo piano era presente l’alloggio del vicario, mentre gli ultimi due ed il terrazzo erano adibiti a magazzino per le vettovaglie e, in caso di assedio, potevano accogliere un presidio di 20-30 uomini.
Sul terrazzo, dal 1375 al 1376, ogni notte venivano accesi dei fuochi che mettevano in contatto visivo la torre con i castelli di Sanluri e di Acquafredda.
Durante il periodo spagnolo furono realizzate delle strutture che decretarono la definitiva perdita della funzione difensiva della torre, infatti, agli inizi del ‘500, il baluardo del Dusay  occultò l’ingresso principale della porta, e, nel 1558, con la Tenaglia di S. Pancrazio la torre ebbe la sola funzione di carcere, che mantenne fino alla fine dell’Ottocento.

LA TORRE DELL’ELEFANTE


La costruzione della Torre dell’Elefante cominciò tra il 25 marzo e il 23 settembre del 1306, come si legge nell’iscrizione marmorea murata sulla medesima torre.
Progettata dallo stesso architetto della Torre di S. Pancrazio, Giovanni Capula, i primi due castellani che in tale veste sovrintesero all’edificazione della torre furono Giovanni Cinquina e Giovanni De Vecchi.


Attenendoci ai quattro ordini di stemmi presenti sul paramento murario della torre, si ipotizza che i lavori per la sua edificazione si protrassero per altrettanti anni.
Stando agli studi condotti sull’argomento tali stemmi seguono uno schema preciso:
in alto al centro lo stemma della Repubblica di Pisa;, in basso, sempre al centro, sotto quello pisano, lo stemma del Comune di Castel di Castro, a sinistra e a destra dello stemma cagliaritano, quelli relativi alle famiglie dei castellani in carica.


1° liv.: stemmi delle famiglie De Vecchi e Cinquina


2° liv.: stemmi delle famiglie Raù e Gambacorta


3° liv.: stemmi delle famiglie Grassolini e Benigni


4° liv.: stemmi delle famiglie Cinquina e Del Bagno

La Torre dell’Elefante ancora oggi mantiene intatta la sua funzione di ingresso alla cittadella fortificata ed è quindi possibile apprezzare il meccanismo di chiusura delle porte medievali.


Particolare della aracinesca
Ingresso e saracinesca


Anche questa torre fu chiusa dagli aragonesi nel 1326 per ricavarne alcuni ambienti, in uno dei quali, dal 1331, trovò ospitalità il sottovicario
Nel 1376 furono eseguiti dei lavori di restauro, probabilmente in seguito all’assedio della città da parte di Mariano IV del giudicato di Arborea
All’inizio del ‘500 fu edificato il Bastione del Balice e, verso il 1563, venne smantellato l’antemurale per aprire un passaggio detto “porta falsa del Balice” che permetteva di scendere a Stampace; tali lavori determinarono la trasformazione della torre in deposito di armi e munizioni e si lasciarono aperti i portoni e le saracinesche medievali. Verso la fine del 1600, per accogliere il corpo di guardia della porta del Balice, la torre fu casa mattata, tale apporto fu rimosso soltanto nel 1907 durante i lavori di restauro dello Scano.
Dal XVIII sec. la torre ebbe diverse funzioni, fu  armeria e deposito d’artiglieria nel 1700,  deposito del commissariato di guerra nel 1821, e, infine carcere succursale  nel 1852.



Fabrizio e Giovanna


Notizie tratte da:



Bianca Fadda, I castellani di Castel di Castro attraverso gli stemmi della torre dell’Elefante in «Annali della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Cagliari», vol. LXIII (2008).

Massimo Rassu, Baluardi di pietra, storia delle fortificazioni di Cagliari

lunedì 20 giugno 2011

La villa di Adriano era orientata al solstizio





immagine del fenomeno solstiziale









La tenuta di campagna dell’imperatore Adriano, Villa Adriana a 30 chilometri a est di Roma è stata progettata tenendo conto dei fenomeni solstiziali ; pur essendo un luogo dove l'imperatore romano poteva  rilassarsi e dimenticare il peso del potere, egli non avrebbe mai potuto perdere completamente la cognizione del tempo, secondo l'opinione di Marina De Franceschini, un archeologa italiana che crede che alcuni degli edifici della villa siano allineati in modo da produrre effetti di luce solare al variare delle  stagioni.

Per secoli, gli studiosi hanno pensato che circa  30 edifici della sontuosa tenuta di campagna di Adriano fossero stati orientati in maniera più o meno
casuale ma l’archeologa  dice che durante il solstizio d'estate,alcune  lame di luce tpassano attraverso due degli edifici della villa.

In uno di essi la  “Roccabruna” durante il  solstizio d'estate la luce  entra attraverso una fessura a forma cuneo e illumina una nicchia posta sul lato opposto dell’ambiente.
 In un tempio dell’edificio dell'Accademia, la  De Franceschini ha scoperto che la luce del sole passa attraverso una serie di porte, durante i due solstizi (d’inverno e d’estate).

L’archeologa italiana dice che gli allineamenti le hanno fornito una nuova chiave di lettura del monumento imperiale, essa è infatti convinta che i due edifici presi in esame siano collegati da una spianata da lei interpretata come una via sacra" utilizzata durante i riti solstiziali in onore della Dea Iside.  Lo studio degli antichi testi e alcune statue ritrovate nel sito avallano l’ipotesi che nella villa si svolgessero dei riti volti ad onorare la Dea egizia che fu adottata dai romani.
Marina  De Franceschini, che lavora all'Università di Trento pubblicherà un questa estate un libro che descriverà il suo studio archeoastronomico, iniziato grazie ai due  architetti, Mangurian Robert e Mary-Ann Rayche per primi hanno notato i fenomeni solari di Roccabruna.

Allineamento astronomico

Robert Hannah, uno studioso di antichità classiche presso l'Università di Otago in Nuova Zelanda, dice che le idee della  De Franceschini sono plausibili e che i tempi sono maturi per ulteriori indagini

Hannah, che attualmente sta studiando gli allineamenti associati al sorgere di alcune  stelle nei templi greci di Cipro, ritiene che il Pantheon, un grande tempio di Roma dotato di una grande  finestra circolare in cima alla cupola, sia in realtà una gigantesca meridiana calendario e che la  luce del sole illumini determinati punti dell’interno dell’edificio durante  gli equinozi e il 21 aprile, compleanno della città.
Pochi edifici classici sono in base al loro allineamento astronomico, questo è dovuto al fatto che questi fenomeni sono più facili da osservare in monumenti megalitici come  Stonehenge perché in essi sono assenti manufatti potenzialmente contradditori


Jarita Holbrook, una astronoma culturale presso l'Università dell'Arizona a Tucson, non è sorpresa dagli  allineamenti solari nella villa di Adriano, secondo lei si tratta di una tradizione comune alla maggior parte delle culture, facendo notare  però quanto sia facile che gli edifici siano allineati casualmente con orientamenti  astronomici.
La  De Franceschini prevede trascorrere il prossimo solstizio d'estate nella villa di Adriano, con l’intento  di documentare gli effetti di  luce nel  tempio di Apollo con più precisione, sperando che non sia piovoso come quello dell’anno scorso.



Il Mulino del tempo.



Riferimenti
1.De Franceschini, m.&Veneziano, g. Villa Adriana: Architettura Celeste: I Segreti dei Solstizi (in stampa).
2.Hannah, r. tempo nell'antichità (Routledge, 2008
)

Ascolta
Trascrizione fonetica
Dizionario

domenica 19 giugno 2011

ARCHEOLOGIA SARDA: VISITA ALLA TOMBA DEI GIGANTI IMBERTIGHE - BORORE

Prospetto frontale


La tomba di Imbertighe fu descritta dal Lamarmora nel suo Voyage, nel 1840,  egli notava che l'emiciclo, invece di essere formato da pietre separate, si componesse di un muro fatto da due file di pietre unite senza cemento e messe in tre strati sovrapposti. Osservava, inoltre, che le pietre che allora  ricoprivano ancora la camera tombale poggiavano su un muro sotterraneo molto basso e non su ortostati. Del Lamarora si conserva ancora il disegno del prospetto, nel quale è visibile sullo sfondo la stele spezzata della TdG di Sa Pedra Longa o Sa Figu, oggi ancora visibile anche se coperta dalla vegetazione


In Monumenti primitivi della Sardegna, del 1901, il Pinza definiva la stele di Imbertighe il più bel prospetto di tomba dei giganti presente nell’Isola, nonostante  ai suoi tempi il sepolcro avesse subito numerosi guasti.
Nel 1908, D. Mackenzie , divenuto in seguito il più valente collaboratore  ell'Evans negli scavi di Cnosso, presentò le belle foto che P. Mackey scattò alla stele di Imbertighe con nuove planimetrie. Mackenzie scriveva che della tomba rimanevano solo il semicerchio frontale e il gran lastrone dove si apriva la porta.


Stele


È possibile, in base al rilevamento pubblicato dal Mackenzie, ricostruire le dimensioni della tomba: un corpo tombale di m 11,50, una camera funeraria lunga m 9,00 e larga m 1,00 e un emiciclo con una corda di 10/11 metri e una freccia di m 5,40.


Retro della stele


Veduta laterale

        

La bella stele monolitica di forma semiellittica posta al centro dell’esedra ha un’ altezza pari a m 3,65, presenta la consueta cornice in rilievo che si interrompe a 88 cm dal piano di campagna.
Il prospetto di questa stele risulta diviso in tre parti, quella più liscia e robusta posta alla base,  il riquadro mediano di forma trapezoidale e infine la lunetta superiore separata dal riquadro mediano tramite un listello trasversale.


Portello posto alla base della stele

Riquadro mediano
Lunetta superiore

















Per arrivare alla Tomba dei Giganti di Imbertighe da Cagliari percorre la s.s. 131 fino al bivio per Borore al km. 135, percorrere per circa 300 m la strada provinciale 66 per Sedilo, infine svoltare a destra in una stradina asfaltata che passa sotto la superstrada percorrendola finché sarà visibile la tomba sulla destra e il nuraghe sulla sinistra.



Fabrizio e Giovanna


Le notizie sono tratte da Alberto Moravetti, Ricerche archeologiche nel Marghine-Planargia, Vol. I

sabato 18 giugno 2011

LA MEDICINA TRADIZIONALE IN SARDEGNA


IL MALOCCHIO
E I RIMEDI ADOTTATI PER PREVENIRLO E CURARLO






Il Malocchio è una pratica malefica che affonda le sue radici nel passato più remoto; le modalità di trasmissione, come lascia intendere la parola, passa dallo sguardo, infatti si dice che gli occhi abbiano la capacità di trasmettere all’esterno le forze nascoste nel corpo. Si parla di Malocchio anche nella mitologia dei popoli antichi, lo sguardo rabbioso delle donne dell'Illiria poteva uccidere, il gigante Balor delle leggende celtiche poteva addirittura  trasformare il suo unico occhio in un'arma letale e Medusa aveva la capacità di tramutare in pietra chiunque incontrasse il suo sguardo. Il potere degli occhi viene attribuito soprattutto agli esseri umani sospettati di stregoneria, in particolar modo alle donne. Secondo la tradizione  alcuni esercitano involontariamente con il semplice atto di posare lo sguardo su un'altra persona. I sintomi del malocchio sono, a livello fisico, mal di testa frequenti senza averne mai sofferto prima e senza una causa patologica, cattivo umore e sindrome depressiva; possono  accadere degli eventi negativi spesso all'interno della famiglia, come ad esempio una immotivato abbandono da parte del partner, un guasto alla macchina o eventi di estrema gravità .  il Rito Magico contro il Malocchio elimina tale influenza ripulendo l'Aura, riportando il soggetto nello stato psicofisico di prima, cessando immediatamente gli eventi nefasti di cui era vittima .
Esistono diversi modi per proteggersi dal malocchio, nella tradizione popolare troviamo un sistema che consiste nell'inviare un fiore per nove giorni consecutivi alla persona che ci ha fatto il maleficio. Il metodo funziona soltanto se i fiori sono inviati con un sentimento di sincera amicizia.
Il più delle volte il malocchio agisce sulla sfera sessuale: ecco perchè, secondo una vecchia usanza, toccandosi i genitali si viene protetti dal malocchio.  
Nel caso in cui il malocchio sia stato trasmesso, esistono dei riti atti a debellarlo che variano a seconda della regione e della località. Questi riti possono essere tramandati soltanto in linea femminile, infatti è solo la donna l'unica depositaria del segreto della formula e a lei soltanto spetta esercitare il rito. 
Il malocchio in Sardegna assume diverse denominazioni secondo le località, come ocru malu nel nuorese, ogru malu nel logudorese e ogu malu nel campidanese. Esistono interessanti espressioni dialettali anche per designare l’avvenuto maleficio: l’occhio che aggredisce è un occhio cattivo (ogu malu) oppure un occhio che si posa (si ponidi) recando danno, oppure che prende d’occhio (pigai de ogu).  
Malocchio è l’occhio dell’altro, solitamente di chi non fa parte della famiglia e non è quindi legato da vincoli di sangue, che, una volta giunto alla meta, crea una situazione di difficoltà portando via un determinato bene, che può essere la bellezza, la salute o la fortuna, che viene perciò mangiato dal colpo dell’occhio  (manigara de su corpu ‘e soju).
Nei paesi sardi la donna ha la prerogativa di essere sia soggetto che oggetto del malocchio: è colei che è più esposta al rischio del malocchio ma è anche colei che getta il malocchio più potente. È sempre in linea femminile che vengono ereditati gli oggetti magici, gli amuleti, che preservano dal malocchio ed è sempre la donna che gestisce la vita e la morte attraverso la pratica della “medicina dell’occhio”.
La denominazione “medicina dell’occhio” è l’unica che si riscontri in maniera diffusa in tutte le province sarde. Questa pratica si può apprendere sia in famiglia che da estranei. Per diventare guaritori è necessario essere riconosciuti persone adatte, infatti solo in pochissimi casi il passaggio a tale condizione è avvenuto attraverso prove di verifica o attraverso un vero e proprio rito.
Per quanto riguarda il rito terapeutico sono stati registrati ben ventiquattro modi diversi di esecuzione all’interno dei quali si riscontra la presenza, diversamente combinata, dei seguenti elementi: i “brebus”, preghiere quali il Padre Nostro, l’Ave Maria, la recitazione del Credo, spesso assieme all’uso di grano, acqua, sale, olio, orzo, riso, pietra, corno di muflone, di cervo o di bue, l'occhio di Santa Lucia, il carbone e la carta. Per conseguire la guarigione il rito va ripetuto da un minimo di tre ad un massimo di nove volte. Per la risoluzione dei casi più gravi in genere è previsto l’intervento di tre diversi operatori.
L’altro sistema fondamentale di difesa, quello preventivo, è costituito da tutta una serie di oggetti come gli amuleti e gesti apotropaici destinati ad annullare qualunque possibile influsso malefico proveniente dagli altri.
Tra gli scongiuri rivolti al possibile portatore di malocchio ricordiamo l’uso di sputare per allontanare il male, attestato in Sardegna da un manoscritto anonimo del settecento, toccare un oggetto di ferro, di corno o le parti genitali, bestemmiare al suo passaggio, tirar fuori velocemente la punta della lingua per tre volte, oppure fare le fiche al suo indirizzo a fura (di nascosto), ecc. Il fare sas ficas è usanza diffusa sia fra gli uomini che fra le donne, tale uso era certamente noto anche a Cagliari, dove i vecchi ricordano il detto “Ti dexit comenti sa fica in s’ogu” (ti giova come la fica nell’occhio).
Oltre alle tecniche gestuali nell’isola si è sviluppata tutta una serie di oggetti apotropaici, di tipologia tipicamente mediterranea, che hanno acquisito valori culturali con particolari connotazioni;  le ricerche svolte a tal proposito dimostrano, infatti, che gli amuleti sardi, pur avendo molteplici valenze, sono quasi tutti riconducibili all’ideologia del malocchio.
Purtroppo molti amuleti erano così poveri e deperibili che nessuno ha mai avuto occasione o interesse a conservarli e sono giunti fino a noi solamente attraverso il ricordo dei vecchi; diverso è il discorso riguardante gli amuleti che erano anche oggetti di oreficeria o costituiti da materiali ritenuti in qualche modo preziosi. La maggior parte di essi ha radici precristiane e ha subito un’evoluzione nel tempo; se prima, ad esempio, erano caratterizzati dall’uso di un determinato materiale, in periodi successivi il materiale è cambiato, conservando solo similitudini di forma o colori. Ad es. Sa sabegia, che era inizialmente tonda prevalentemente in pietra nera o in corallo, si è evoluta con l’utilizzazione di materiale non naturale, come il vetro sfaccettato nero o addirittura la pasta di vetro policromo, di sicura importazione, il cui uso può essere stato introdotto sia per la difficoltà di reperire e lavorare il materiale originario, sia per una maggior ricercatezza che il nuovo materiale “esotico” poteva vantare. È certo tuttavia che sostituendo il materiale, l’amuleto non perdeva né l’eventuale significato simbolico, né la sua funzione apotropaica. L’unica condizione perché l’amuleto agisca è “aver fede”, credere cioè nel suo potere; in alcune zone, infatti, l’efficacia dell’amuleto è data dal fatto che esso debba essere abbrebau, su di esso devono cioè essere stati recitati is brebos le “parole, le preghiere magico-religiose”.
Nota in Sardegna come anti-malocchio per eccellenza, è la pietra nera in gavazzo o giaietto (lignite picea), onice, ossidiana;  tonda, sempre incastonata in prata (cioè in argento, perché si credeva avrebbe perso il suo potere se legata in oro).
La sabegia simboleggia il globo oculare, nella fattispecie l’occhio buono che si  contrappone a quello cattivo attirandone lo sguardo; la sua funzione consiste nel salvare chi ne è munito, spaccandosi al posto del cuore della persona “guardata”.
La terminologia con cui viene identificata è varia e difficilmente localizzabile. Nota come sabegia nel Campidano di Cagliari, se ne è perduta la memoria nel capoluogo, dove deve essere stata però usata, tanto che se ne conservava il ricordo nei primi decenni del secolo scorso. Con pochissime varianti fonetiche ritroviamo questo termine nella Barbagia dove è invece conosciuta come cocco, nella Gallura, nel Logudoro e ad Orgosolo è invece generalmente noto col nome di pinnadellu, mentre nell’oristanese, a Desulo e nella Barbagia di Belvì viene denominato pinnadeddu.
Tradizionalmente nero, l’amuleto si ritrova talvolta anche rosso, di corallo, specialmente in Gallura e in alcuni paesi barbaricini, dove prende il nome di corradeddu ‘e s’ogu leau (corallino del malocchio) e dove lo si portava appeso alla spalla e ricadente sul braccio, unito a mazzo con altri amuleti sempre di corallo e incastonati in argento. In ogni caso la sabegia mantiene sempre la caratteristica di essere simbolo dell’occhio.
Sa sabegia veniva appesa alle culle, mentre i bambini più grandicelli la portavano generalmente al polso, legata con un fiocchetto verde e veniva loro tradizionalmente regalata dalla nonna o dalla madrina di battesimo.
Le donne invece la esibivano al collo o appesa al corsetto.


Fabrizio e Giovanna

La statistica riscrive la storia

 
La statistica riscrive la storia
© Arctic-Images/Corbis
Una nuova tecnica di datazione dei siti archeologici basata su evidenze statistiche potrebbe costringere gli scienziati a riscrivere numerose pagine dei libri di storia, sopprattutto quella più antica.
I metodi classici per la datazione dei reperti sono due: la stratigrafia, che attraverso l'analisi degli strati di terreno permette di dire quale ritrovato è più antico e quale più recente all'interno di uno scavo, e il radiocarbonio, che misurando le quantità di isotopi del carbonio presenti in un reperto, ne consente la datazione, ma con qualche centinaio di anni di approssimazione.

http://www.focus.it/dal-mondo/storia/una-nuovo-metodo-di-analisi-statistica-dei-siti-archeolgici-cambia-le-datazioni-dei-reperti_17062011_1030_C13.aspx


venerdì 17 giugno 2011

MEGALITISMO: Altre piccole riflessioni.

tomba n° 2 "il grande circolo"- Goni




Il popolo megalitico.

Abbiamo già parlato del MEGALITISMO definendolo un linguaggio architettonico globale, che si sviluppò in un arco di tempo ridottissimo in parti del mondo molto lontane fra loro.
Quello che ci fa riflettere è che le grandi strutture in esame sembrano fare parte di una stessa cultura (quella appunto Megalitica) e di uno stesso progetto umano.
I monumenti che sfidando i millenni possiamo ancora oggi ammirare, furono costruiti nel neolitico da un popolo megalitico che colonizzò gran parte della terra lasciando in ogni luogo in cui si insediò la sua inconfondibile “firma”.
 Per tentare di capire le motivazioni che spinsero queste genti a compiere sforzi immensi per innalzare alle loro divinità ed in onore ai loro defunti delle colossali costruzioni in pietra, dobbiamo analizzare l’epoca in cui vissero, la loro ideologia e la loro religione.  
L’era è quella neolitica, secondo molti studiosi si tratta della mitica età dell’oro, un periodo di pace e di relativa abbondanza in cui gli esseri umani, vivevano in armonia dopo le ristrettezze e l’insicurezza delle glaciazioni.
La dimostrazione di questa teoria si evince dagli studi archeologici che hanno evidenziato come gli insediamenti umani dell’età della “pietra nuova” fossero prive di mura e di qualsiasi accorgimento  difensivo, a differenza di quello che accadrà in epoche successive.
In questo periodo regnava il Matriarcato, la donna era considerata quasi divina, era padrona della vita, il suo ventre si gonfiava e miracolosamente una nuova esistenza nasceva.
Gli uomini del tempo guardavano con ammirazione e stupore alla maternità ed erano completamente ignari di come essa potesse avvenire.
Alcuni ritenevano che l’ingravidamento fosse opera del vento del nord, altri credevano che come l’acqua rendeva fertile la terra facesse lo stesso con le donne; Omero narra che le giovani spose Troiane per favorire la nascita di una numerosa prole facevano il bagno nel fiume Scamandro.
A quei tempi la donna appariva come un essere eccezionale, estremamente superiore all’uomo in quanto solo lei deteneva il potere di generare la vita.
Era anche l’incarnazione della dea lunare che col suo crescere e decrescere simboleggiava il parto e che come è noto dal suo moto dipendeva la scelta del periodo adatto alla semina.
 La luna era la manifestazione visibile agli umani, della Grande Dea lunare e la donna la sua messaggera nel mondo degli uomini, le sue sacerdotesse erano il tramite tra il cielo e la terra ed erano le uniche in grado di interpretare la volontà divina.
Le iniziate ai segreti  della Dea dirigevano la celebrazione dei sacri riti volti ad assicurare la fertilità dei campi e l’abbondanza di bestiame, svolgendo il ruolo di sacerdotesse e quello di profetesse, e da esse proveniva ogni potere sulla terra, compreso quello regale.
Al maschio erano riservati compiti più “terreni”,  per delega della donna e su sua investitura sovraintendevano all’amministrazione della cosa pubblica e alla condotta della guerra.
Le genti del neolitico costruirono i loro templi e le tombe per i loro antenati riproducendo in terra ciò che credevano si trovasse in cielo, le corrispondenze astronomiche riscontrate nei megaliti dimostrano come  questo “popolo”  fosse totalmente immerso in una dimensione spirituale che permeava ogni atto della loro vita.
L’uomo delle società arcaiche si sentiva parte di tutto il creato, costruendo le sue grandiose opere architettoniche creava un legame con l’intero cosmo.
Il matriarcato, e con esso la sua ideologia spirituale, sopravisse  fino a quando l’uomo scoprì che la donna rimaneva incinta ad opera sua, da questo momento iniziò la rivalutazione del maschio, quella rivalutazione che portò al patriarcato.
Il patriarcato vide nell’uomo l’elemento attivo della procreazione mentre la donna (similmente alla Madre Terra che accoglie il seme e lo nutre) rappresentò da quel momento l’aspetto passivo.
Con la scomparsa del matriarcato ebbe termine la millenaria età dell'oro e con essa quel periodo di pace e spiritualità che ha lasciato una traccia indelebile nel patrimonio mitico dell'umanità.

 Fabrizio e Giovanna