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lunedì 18 luglio 2011

I TEMPLARI: Battaglie famose


I Corni di Hattin,  4 luglio 1187



Il coinvolgimento dell'Ordine del Tempio  non è tanto  importante dal punto di vista militare, perché come sempre diedero prova di coraggio e spirito di sacrificio, quanto per la controversa figura del suo Maestro Gerard de Ridefort. Egli non solo diede prova di uno scarso acume tattico consigliando male il Re Guido Di Lusignano, fu anche l'unico Templare ad avere salva la vita in cambio della consegna di Gaza. 
Quest'ultimo avvenimento getta un'ombra di sospetto sulla fedeltà del Maestro negli ideali della Cavalleria Cristiana.

La battaglia di Hattin, che ebbe conseguenze disastrose per l’esercito Crociato, si svolse lungo la strada che univa il villaggio di Manescalia ad Hattin, non lontano da Gerusalemme che cadde il 2 ottobre dello stesso 1187.

Lo scontro vide contrapporsi l’esercito Crociato, comandato dal Re di Gerusalemme Guido di Lusignano, alle truppe musulmane al comando del fondatore della dinastia degli Ayubiti, Ṣalāḥ al-Dīn al-Ayyūbi, meglio noto come Saladino.

Il comandante musulmano ebbe un’ascesa rapida e inarrestabile, infatti in pochissimo tempo da Califfo del Cairo diventò re di un vasto regno che si estendeva dalla Siria fino al Sinai.
Egli dimostrò una grandissima capacità strategica, intuì che per riuscire a battere l’esercito franco aveva bisogno di una compagine agile ed eterogenea, formata da diversi gruppi etnici che, pur mantenendo ognuno il suo stile di combattimento, si integrassero tra loro rispondendo alle esigenze del loro comandante.
Lo schieramento di Saladino, di circa 35.000 - 40.000 uomini, era composto da reparti di guerriglia formati dai muttawiyah (volontari religiosi), Turchi, Curdi e Mammelucchi. I reparti di fanteria vantavano la presenza di circa 20.000 unità, era inoltre presente una grande percentuale di cavalleria leggera e una limitata aliquota di cavalleria pesante destinata ad essere impegnata nelle fasi finali dello scontro.

L’esercito crociato era composto da circa 3000 unità di  cavalleria pesante e 2000 di turcopoli nella quasi totalità appartenenti agli Ordini Militari, e più di 22.000 fanti pesantemente armati e con un ottimo addestramento.
Questo scontro mise in luce tutti i limiti delle armate franche in Terrasanta, contraddistinte dalla mancanza di un unico comandante e dal fatto che lo stato maggiore del re fosse composto da baroni talmente potenti da non permettere al re l’autonomia decisionale necessaria.
L’esercito posto in campo dai cristiani era il più grande e potente di tutta la storia delle crociate, ma ebbe la pregiudiziale che i suoi reparti, nonostante fossero ben armati e addestrati, non furono in grado di integrarsi in una strategia unitaria di combattimento che fu causa di tantissimi errori strategici.
L’esercito Franco iniziò le sue manovre il 2  luglio convergendo a Seforia dove si accamparono in una zona ricca d’acqua e di pascoli per i cavalli, quindi in un’ottima posizione. Il re Guido, consigliato da Reginaldo di Chatillon (che fu principe di Antiochia dal 1153 al 1160) e dal Maestro del Tempio Gerard de Ridefort, prese l’infelice decisione di lasciare la posizione il giorno successivo al fine di avvicinarsi alle armate arabe che assediavano Tiberiade. I Crociati furono così costretti ad affrontare una marcia della durata di un giorno sotto il sole cocente e senz’acqua; quando, ormai stanchi e assetati,  raggiunsero l’altopiano che sovrastava Hattin per piantarvi le tende trovarono i pozzi asciutti.
Dal canto suo Saladino aveva scelto per il suo accampamento la pianura sottostante che gli garantiva abbondanti scorte d’acqua.



Vista la situazione critica del suo avversario Saladino decise di aprire le ostilità la notte stessa, dopo una ricognizione del terreno le sue truppe risalirono il pendio che portava all’altopiano e protette dall’oscurità e dal fumo dell’incendio che appiccarono furono agevolate nelle manovre di spostamento.
L’esercito arabo fu diviso in tre tronconi:
- il primo contingente, con a capo il nipote Taki ed - Din, venne impiegato per bloccare la strada che conduceva ad Hattin presidiando lo sbocco delle gole ad est,
- il secondo contingente, agli ordini di Kukburi, bloccava l’eventuale ritirata franca verso ovest in direzione del villaggio di Manescalia,
- il terzo contingente, comandato dallo stesso Saladino, si schierò a cavallo a sud verso Tiberiade per impedire un eventuale tentativo di sfondamento del nemico diretto al lago sottostante.

La zona nord di fronte ai Corni, era presidiata dai muttawiyah affiancati dai sufi.

La mattina seguente i Crociati ripresero la marcia nel tentativo di raggiungere l’acqua, ma si trovarono circondati e nell’impossibilità di sganciarsi dal nemico senza combattere.
Il contingente templare era formato da circa 350 uomini, di cui 150 cavalieri  e 200 sergenti, dietro di loro erano presenti 500 turcopoli. I Templari e gli Ospitalieri formavano la retroguardia dell’esercito crociato comandati da Baliano di Ibelin. Al centro dell’armata stava Guido di Lusignano con la sua guardia di mille uomini tra cavalieri e scudieri a cavallo e la fanteria di Enrico II d’Inghilterra.   
Raimondo di Tripoli che era il signore dei luoghi aprì il combattimento caricando gli arabi verso est, tentando di sfondare lo schieramento nemico, però riuscì a passare solo lui e pochi altri cavalieri lasciando il resto dell’avanguardia bloccato in combattimento sulla strada. Sul lato opposto della valle Templari e Ospitalieri tentarono una manovra analoga caricando insieme il nemico, superiore numericamente di almeno tre volte, con il risultato che solo Baliano di Ibelin e pochi altri cavalieri riuscirono ad attraversare lo schieramento nemico.
Gli ordini militari, visti i risultati della prima carica, tentarono una seconda volta l’attacco senza però sortire l’effetto sperato e il re, visti l’andamento sfavorevole della battaglia e la situazione di stallo, decise di spostare le truppe verso sud avvicinandosi ai Corni di Hattin. Nel frattempo ad est la situazione era molto critica, le truppe dell’avanguardia, rimaste isolate dal loro comandante Raimondo di Tripoli, furono sopraffatte dalla cavalleria leggera di Taki ed - Din. Saladino entrò in battaglia verso le undici del mattino attaccando il re cristiano e costringendolo ad avvicinarsi sempre di più verso la sommità dei Corni, i Templari e gli Ospitalieri non riuscirono ad intervenire in tempo perché impegnati in combattimento. A questo punto dello scontro Saladino ordinò alla sua cavalleria pesante l’attacco decisivo contro un esercito crociato ormai fiacco per la sete e la stanchezza.
In tale battaglia i Templari combatterono ininterrottamente dalle otto del mattino fino alle cinque del pomeriggio, come tutto il resto dell’esercito cristiano dimostrarono grandissimo valore tant’è vero che, nonostante le condizioni estreme furono necessarie tre cariche della cavalleria musulmana per domare la resistenza crociata.
In questa tragica battaglia fu persa per sempre la “Vera Croce” portata sul campo dal Vescovo di Acri, che fu presa come trofeo dai vincitori arabi.
Centinaia di cavalieri e migliaia di fanti furono catturati e ridotti in schiavitù e tutti i rappresentanti dei Templari e degli Ospitalieri vennero uccisi senza pietà dopo il loro rifiuto di abiurare la fede Cristiana, tutti, tranne il Gran Maestro Gerard de Ridefort, colpevole di aver consigliato male il re, che ottenne la libertà in cambio della consegna di Gaza.
Saladino solitamente magnanimo e generoso con il nemico, si dimostrò sempre spietato con gli Ordini Militari, perché era consapevole di trovarsi di fronte ai suoi più temibili nemici.
Il suo comportamento insolito nei confronti di Gerard de Ridefort, rende l'incompetenza tattica del "Templare" alquanto sospetta.
Il re Guido di Lusignano per la sua libertà dovette promettere la consegna di Ascalona che però non si arrese, anzi i suoi abitanti lo insultarono quando ordinò loro la resa.
Dopo aver conquistato la città Saladino premiò il coraggio degli Ascaloniti concedendo loro l’onore delle armi.
Questa vittoria gli spianò la strada verso la conquista di Gerusalemme il 2 ottobre dello stesso anno.




Fabrizio e Giovanna


Riferimenti bibliografici:
- Georges Bordonove, I Templari
- Ennio Pomponio, Templari in battaglia
- Malcolm Barber, La storia dei Templari

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