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sabato 20 agosto 2011

ARCHEOLOGIA SARDA: Visita all'altare rupestre di Santo Stefano- Oschiri


L'altare rupestre
L’altare rupestre di Santo Stefano si trova nella periferia settentrionale di Oschiri ed è uno dei luoghi più affascinanti e misteriosi della Sardegna.
Il fascino di questo sito è dovuto, oltre dalla sua monumentalità, anche dal fatto che la sua funzione ed il significato dei simboli scolpiti nella roccia non hanno trovato ancora nessuna spiegazione convincente.
Al visitatore si presenta un grande banco di roccia in cui sono stati scolpiti vari segni: triangoli, quadrati, cerchi, croci, numerose coppelle e arcani tratti di quella che sembra una perduta scrittura.
Particolare dei triangoli circondati da coppelle 














Sulla destra del bancone principale si trova una roccia che presenta una grossa cavità circolare circondata da dodici coppelle, questo motivo è particolarmente diffuso nell’iconografia prenuragica delle Domus de Janas.
Cavità con le 12 coppelle


Proprio la presenza delle tombe ipogeiche neolitiche nelle vicinanze dell’altare, potrebbe testimoniare la sacralità e l’alta cronologia del sito.
Cavità nella roccia situate vicino all'altare












Sulla sinistra della grande pietra sacra è presente un masso costellato da numerosissime coppelle che ne riempiono quasi completamente la superficie. Ricordiamo che le coppelle sono presenti in quasi tutti i luoghi sacri neolitici ed essendo delle cavità, potrebbero essere un chiaro riferimento al culto della divinità femminile.
Il masso delle coppelle
Poco sopra l’altare è collocata un’altra grossa pietra, nella quale sono incisi tre incavi quadrati affiancati più o meno regolari, ancora più in alto abbiamo notato due incisioni, una circolare e una ovoidale, che ricordano vagamente degli scudi crociati.
Roccia con i tre quadrati


"Scudo crociato"
Abbiamo sinceramente delle enormi difficoltà nel dare una qualche interpretazione, quantomeno plausibile, ai simboli di Santo Stefano, in questo siamo però confortati dalla constatazione che anche studiosi molto più preparati di noi si trovano nella stessa situazione.
I quadrati potrebbero rappresentare il tema della “falsa porta”, simbolo del passaggio tra il mondo dei vivi e quello dei morti tanto caro agli egizi, i cerchi invece si potrebbero simboleggiare una divinità solare, ma essendo incavati (quindi simili a delle grosse coppelle) non possiamo escludere l’appartenenza ad un culto femminile.
Alcuni studiosi ritengono che l’altare rupestre sia di epoca neolitica, altri che sia opera dei monaci bizantini che hanno costruito l’antica chiesa che lo fronteggiava; quella che è oggi presente nel sito è frutto di una riedificazione avvenuta nel XVI secolo.
Una curiosità che riguarda la chiesa è la presenza dell’effige della dea fenicia Astarte sulla sua facciata.
Viso della Dea Astarte sulla facciata della chiesa
A far propendere certi studiosi verso l’ipotesi bizantina è la quasi certezza che la chiesa fosse originariamente di rito greco e soprattutto  la presenza di croci ascrivibili alla religione di Costantinopoli all’interno dei triangoli sovrastanti i quadrati .
Questa teoria è poco plausibile perché nell’iconografia cristiana non esistono riscontri col monumento di Oschiri.
Riteniamo molto più probabile che l’altare sia opera degli antichi Sardi e che le croci greche siano state incise in epoca cristiana per “esorcizzare” l’area sacra pagana e convertirla alla nuova fede.
Nonostante le numerose e qualificate congetture il mistero di Santo Stefano rimane irrisolto, i suoi enigmatici simboli sembrano quasi un messaggio lasciatoci dai nostri antichi progenitori che noi non siamo in grado di capire perché abbiamo dimenticato la giusta chiave di lettura.
Forse indicavano il cammino iniziatico che l’anima del defunto, il cui corpo era deposto nelle vicine Domus de Jans, doveva intraprendere per risorgere a nuova vita nell’aldilà.

Resta comunque l’impressione di un luogo magico, vagamente inquietante per il timore reverenziale che incute pensando a chissà quali misteriosi riti vi si praticavano.
Abbiamo lasciato l’area archeologica con un certo senso di frustrazione, causato dalla sensazione di non aver capito praticamente nulla dei segni presenti in questo spettacolare manufatto.
Dobbiamo avvicinarci con umiltà alle testimonianze lasciateci dai nostri antenati, con la consapevolezza che ciò che per noi è inspiegabile, per loro aveva invece un significato chiarissimo, siamo sicuri che se potessero sentire i nostri ragionamenti si farebbero una sonora risata.


Fabrizio e Giovanna

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