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mercoledì 10 agosto 2011

LA DEA MADRE: I volti della Dea - Medea -






Il principio femminile nel Neolitico era una divinità portatrice di vita e, come abbiamo avuto modo di vedere nel precedente post  LA DEA MADRE: I VOLTI DELLA DEA - ISIDE -, la religione egizia lo celebrò con il mito della meravigliosa Dea Iside, le cui sacerdotesse erano guardate con rispetto e timore e la loro parola era legge.
La mitologia greca cambiò questa visione della “magia” al femminile dando ad essa un’accezione perlopiù negativa.
Le donne dotate di poteri magici non furono più definite Dee, esse divennero infatti prima maghe, poi streghe.
La figura emblematica di questa visione “terribile” del potere del femminile, è Medea, la maga che per amore dell'argonauta Giasone tradì il padre, uccise il fratello e si macchiò di altri atroci delitti.
Il sorte di Medea si intrecciò con quella di Giasone a causa del desiderio dell’eroe di entrare in possesso del famoso Vello d’oro.
L’impresa  era talmente importante che Era ed Afrodite si allearono tra loro per favorirne la riuscita e, ritenendo che i poteri della bella maga fossero utili a Giasone, indussero Eros a farla innamorare dell’eroe.
Medea era figlia di Eete, re della Colchide e padrone del Vello d’oro; quest’ultimo era protetto da  un enorme serpente, simbolo, insieme al drago, della custodia dei segreti.
Giasone si presentò a corte e chiese il prezioso manto al re, il quale acconsentì a condizione che si prestasse ad una prova di coraggio, consistente nell’ aggiogare due enormi tori dalle zampe di bronzo per costringerli ad arare un campo, in seguito dovevano essere seminati dei denti di drago dai quali sarebbero nati dei guerrieri armati e pronti all’azione.
L’impresa era disperata e i compagni di Giasone tentarono invano di dissuaderlo. Medea, che si era subito perdutamente innamorata dell’Argonauta, dopo essersi a lungo dibattuta tra la fedeltà  a suo padre e il sentimento amoroso, donò all’amato un unguento in grado di renderlo invulnerabile. L’impresa riuscì e il re della Colchide dovette concedere a Giasone il permesso di prendere il Vello, con la speranza che il serpente fosse riuscito ad ucciderlo; anche in questo frangente il greco riuscì a cavarsela grazie all’aiuto di Medea che addormentò la bestia con un canto magico.
Questa azione decise il destino di Medea e rappresentò il punto di non ritorno, infatti decise di seguire Giasone in Grecia e tutte le azioni, incluse quelle più tremende, furono determinate da questa passione.
Medea fuggì insieme a Giasone sulla nave Argo, fece a pezzi il fratello e ne buttò i resti in mare per rallentare l’inseguimento del padre che li raccolse per dare degna sepoltura al figlio.  La maga fu determinante anche in altre occasioni:
-         uccise Talos, il gigante di bronzo che cercava di impedire l’approdo a Creta scagliando grosse pietre sulla nave, facendogli esplodere l’arteria del malleolo;
-         aiutò il suo sposo a riappropriarsi del trono usurpato dallo zio Pelia durante la sua assenza, inducendo con l’inganno le figlie a farlo a pezzi e a gettarlo in un calderone di acqua bollente con la promessa di ringiovanirlo.
I due amanti si stabilirono a Corinto dove ebbero due figli, ma mentre Medea si struggeva d’amore, Giasone si innamorò della figlia del re di Corinto e la sposò.
Giasone, per avere piena libertà, la fece condannare all’esilio insieme ai suoi figli. Sentendosi tradita, la maga, ripensando alle atrocità commesse in nome di quell’amore non corrisposto, si lasciò sfuggire delle parole che lasciavano presagire la sua terribile vendetta. Fingendo sottomissione donò una veste stregata alla nuova moglie di Giasone, che, una volta indossata, avvolse il corpo della donna nelle fiamme. Dopo questo ulteriore delitto Medea comprese che la sua unica via di salvezza era la fuga, ma non poteva andarsene senza attuare la più terribile delle vendette, infatti uccise i suoi figli e fuggì a bordo di un carro trainato da due draghi guardando con disprezzo l’uomo che aveva amato che osservava impietrito i cadaveri dei due bambini.
La vicenda di Medea ha molti punti di contatto con l’immagine delle streghe europee dei secoli successivi. Un’interpretazione simbolica fa di Medea l’archetipo del lato terribile del femminile, la vendetta della Dea che prende il sopravvento sulla sua parte consolatrice; la differenza con la Dea Iside è enorme, quest’ultima, infatti, utilizza la sua energia negativa per preservare il mistero che la anima, mentre Medea è più umana nelle sue rappresentazioni del maligno, in quanto determinate da un amore travolgente e passionale poco divino e molto terreno.




Fabrizio e Giovanna




Riferimenti bibliografici:
Euripide, Medea
Fernando Jiménez del Oso, Streghe

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