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martedì 17 gennaio 2012

RARISSIMA ISCRIZIONE IN CARATTERI CUNEIFORMI TROVATA A MALTA


La foto è a carattere dimostrativo


Gli edifici megalitici di Malta, che da alcuni studiosi sono considerati i più antichi del mondo, continuano a riservare nuove sorprese e sollevare interrogativi.
L’ultima sensazionale scoperta riguarda il ritrovamento di un frammento litico di agata a forma di mezza luna, recante dei caratteri cuneiformi datati al XIII secolo a.C.
Questo tipo di scrittura è originario della Mesopotamia, nell’attuale Medio Oriente, quindi il suo ritrovamento in un’area geografica occidentale costituisce una rarità degna di nota.
Lo scavo diretto dal professor Alberto Cazzella, titolare della cattedra di paleontologia all'Università degli Studi di Roma "La Sapienza",  ha riportato alla luce la pietra inscritta nel santuario di Tas-Silg, un tempio megalitico datato al  periodo neolitico finale, che fu utilizzato a scopo  religioso e cerimoniale dal terzo millennio a.C. fino all'epoca bizantina.
L’iscrizione è stata tradotta come una dedica al dio della luna mesopotamico Sin, venerato ad est della città santa di Nippur la quale, oltre ad essere meta di pellegrinaggi, possedeva una famosa scuola di scribi che produsse moltissimi testi letterari.
Alcuni studiosi ipotizzano che la “pietra” sia stata sottratta al tempio di Nippur durante un saccheggio e giunta in occidente attraverso i mercanti micenei e ciprioti che avevano probabili rapporti commerciali col mediterraneo centrale.

Inoltre, poiché il frammento in agata inscritto in cuneiforme doveva essere considerato molto prezioso per le genti della tarda età del bronzo, la sua presenza all’interno del tempio megalitico di Tas-Silg suggerisce agli studiosi l’ipotesi che il santuario avesse una grande importanza per gli uomini dell’epoca.
Il santuario di Tas-Silg è già conosciuto agli studiosi per la sua importanza in epoca fenicia e romana.

Ricordiamo che il frammento maltese non è il più antico né il più occidentale dei reperti in carattere cuneiforme venuto alla luce fuori dalle zone di cultura mesopotamica; abbiamo infatti notizia del cosiddetto “coccio di Mogoro” recante dei caratteri cuneiformi.
Il “coccio” sardo è tutt’ora al centro di un’aspra polemica della quale parleremo ampiamente prossimamente.

Fabrizio e Giovanna



martedì 10 gennaio 2012

UN ILLUSTRE CAGLIARITANO DI NOME SIGISMONDO ARQUER Vita e opere - I parte -




Contrariamente all’idea comune di una città sonnacchiosa e culturalmente poco attiva, Cagliari ha dato i natali a personaggi di grande levatura culturale, politica e umana. Tra questi ricordiamo Sigismondo Arquer che nella sua vita, tragicamente terminata sul rogo di Toledo nel 1571, ebbe l’unica colpa di avere operato in un periodo di forte intolleranza religiosa abilmente manipolata dai suoi nemici.
Come abbiamo visto nel precedente articolo CAGLIARI IN EPOCA SPAGNOLA, i feudatari in epoca spagnola si associarono all’Inquisizione con l’obiettivo di colpire il nuovo ceto dei burocrati; tra le varie azioni intraprese in tal senso  si ricorda soprattutto l’uccisione di Sigismondo Arquer, accusato di eresia con l’obiettivo di eliminare un personaggio scomodo che era per giunta figlio dell’avvocato fiscale Giovanni Antonio Arquer, il quale collaborò efficacemente con il viceré Antonio di Cardona (1534-1549) nella sua azione atta a ridimensionare gli abusi e le prevaricazioni della nobiltà e dell’alto clero.
Molto probabilmente Sigismondo Arquer era inviso al ceto nobiliare, notoriamente ignorante e tronfio, soprattutto per la sua immensa cultura permeata di apporti umanistico - rinascimentali acquisiti durante i suoi viaggi.
Quando, nella primavera del 1549, compose la sua famosa opera “Sardiniae brevis historia et descriptio”, aveva soltanto 19 anni, ma da due anni era già in possesso di due lauree, una in diritto civile e canonico (utroque iure) a Pisa e una in teologia a Siena.
L’opera dell’Arquer è molto importante dal punto di vista storiografico perché fu il primo tentativo di individuare i lineamenti della storia sarda attraverso lo studio comparato delle fonti antiche. Nel testo si alternano fonti e libera composizione che l’autore stese in soli 40 giorni selezionando e sintetizzando un’enorme quantità di informazioni derivanti dal suo bagaglio culturale, dove confluivano erudizione e conoscenza diretta.

La stesura dell’opera fu preceduta da un difficile viaggio  iniziato nel settembre del 1548.
Dopo due mesi giunse a Pisa da dove si  diresse verso la Germania, ma durante la traversata delle Alpi si ammalò e fu costretto a trattenersi 5 mesi nei Grigioni. Nell’aprile del 1548 fu prima accolto da Konrad Pellikan (un ex francescano che passò al luteranesimo e prese parte alla prima Confessio Helvetica), in seguito, grazie all’intercessione di quest’ultimo, fu sistemato in Basilea a spese della fondazione Erasmo dove rimase fino al mese di giugno.
In Basilea entrò in contatto con Sebastian Münster che gli chiese di scrivere un compendio sulla Sardegna da inserire nella sua Cosmographia universalis.
All’interno dei 7 capitoli di cui si compone l’opera si trovano notizie di carattere generale relative alle dimensioni dell’Isola la sua posizione nel Mediterraneo, alla sua suddivisione geo-politica, al suo ambiente naturale, alle attività produttive, all’alimentazione e alla malaria.
Dopo aver affrontato il tema storico relativo alle antiche denominazioni dell’isola, ai primi abitanti, colonizzatori e dominatori con digressioni sui nuraghi e sulla legislazione locale, introduce la descrizione particolareggiata della città di Cagliari citando i centri più importanti. La descrizione di Cagliari è molto particolareggiata e accompagnata dalla famosa  pianta prospettica dove vengono rappresentati i monumenti più importanti e le opere difensive che ancora oggi è un utile documento di studio.
Per quanto riguarda la lingua, nel VI capitolo vengono indicate le tre parlate principali del Regno evidenziate dal Pater Noster trilingue: latino - catalano - sardo.
Nell’ultimo capitolo vengono descritte le magistrature civili ed ecclesiastiche presenti nell’isola, si spiega in che modo opera l’inquisizione e conclude, dopo essersi soffermato sui caratteri fisici e psicologici dei sardi, con una condanna rivolta sia all’elemento pagano all’interno delle festività cristiane, sia al bassissimo profilo etico e culturale del clero isolano.
Nonostante la sua collaborazione con Sebastian Münster, Sigismondo rimase profondamente cattolico, ma i suoi avversari politici utilizzarono questo espediente per accusarlo di luteranesimo, accusa che a lungo andare lo portò sul rogo di Toledo come vedremo nei prossimi post.



Fabrizio e Giovanna


Notizie tratte da:
Sigismondo Arquer. Sardiniae brevis historia et descriptio, a cura di Maria Teresa Laneri
saggio introduttivo di Raimondo Turtas
Sigismondo Arquer. Un innocente sul rogo dell’Inquisizione, Salvatore Loi
Storia della Sardegna, Leopoldo Ortu

mercoledì 4 gennaio 2012

CHI ERANO IN REALTÀ I RE MAGI DELLA TRADIZIONE CRISTIANA?




L’unico evangelista che ricorda la visita dei magi è Matteo  tralasciando però di approfondire le notizie relative a questi misteriosi personaggi: 

"Gesù nacque a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode. Alcuni Magi giunsero da oriente a Gerusalemme e domandavano: «Dov'è il re dei Giudei che è nato? Abbiamo visto sorgere la sua stella, e siamo venuti per adorarlo». All'udire queste parole, il re Erode restò turbato e con lui tutta Gerusalemme. Riuniti tutti i sommi sacerdoti e gli scribi del popolo, s'informava da loro sul luogo in cui doveva nascere il Messia. Gli risposero: «A Betlemme di Giudea, perché così è scritto per mezzo del profeta:
E tu, Betlemme, terra di Giuda,
non sei davvero il più piccolo capoluogo di Giuda:
da te uscirà infatti un capo che pascerà il mio popolo, Israele.

Allora Erode, chiamati segretamente i Magi, si fece dire con esattezza da loro il tempo in cui era apparsa la stella e li inviò a Betlemme esortandoli: «Andate e informatevi accuratamente del bambino e, quando l'avrete trovato, fatemelo sapere, perché anch'io venga ad adorarlo».
Udite le parole del re, essi partirono. Ed ecco la stella, che avevano visto nel suo sorgere, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino. Al vedere la stella, essi provarono una grandissima gioia. Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, e prostratisi lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra. Avvertiti poi in sogno di non tornare da Erode, per un'altra strada fecero ritorno al loro paese"[1] .

Anche la parola Magi non è di chiara provenienza, infatti se proviamo a trasformarla al singolare diremo “Re Mago”; questo particolare non è irrilevante se proviamo a dare un’interpretazione che tenga conto della tradizione ermetica, secondo la quale questi uomini erano dotati di particolari poteri derivatigli dalla pratica dell’astrologia e della “magia” Zoroastriana.
Stando a questa tradizione i Magi, grazie alle loro conoscenze astrologiche, seppero riconoscere in cielo i segni dell’arrivo sulla terra del più grande degli iniziati che li persuase ad intraprendere un lunghissimo viaggio per rendergli omaggio.
Il termine Magos era utilizzato dai greci per definire i sacerdoti dediti al culto di Zoroastro provenienti dall’Impero Persiano, dove si sviluppò prima del VI sec. a.C.

Nel Vangelo dell’infanzia Armeno vi è la descrizione più dettagliata dei Magi: 

“ Quando l’angelo aveva portato la buona novella a Maria era il 15 di Nisān, cioè il 6 aprile, un mercoledì, alla terza ora. Subito un angelo del signore si recò nel paese dei persiani, per avvertire i re Magi che andassero ad adorare il neonato. E costoro, guidati da una stella per nove mesi, giunsero a destinazione nel momento in cui la vergine diveniva madre. In quel momento il regno dei persiani dominava per la sua potenza e le sue conquiste su tutti i re che esistevano nei paesi d’oriente, e quelli che erano i re magi erano tre fratelli: il primo Melkon, regnava sui persiani, il secondo, Balthasar, regnava sugli indiani, e il terzo, Gaspar, possedeva il paese degli arabi. Essendosi uniti insieme per ordine di Dio, arrivarono nel momento in cui la vergine diveniva madre”[2]. 

Come si evince da questo passo, i Magi sono chiamati per nome, Gaspare re dell’Arabia, Melkon o Melquon (mutatosi poi in Melchiorre) re della Persia e Baldassarre re dell’India.
Confrontando il Vangelo di Matteo e quello successivo dell’infanzia Armeno si possono notare alcune discordanze, prima fra tutte il numero e la provenienza dei magi, Matteo infatti parla soltanto di “Alcuni Magi giunti da oriente a Gerusalemme ” senza aggiungere altri particolari utili alla nostra ricerca. 
Molto probabilmente la versione del Vangelo dell’infanzia Armeno ebbe la meglio anche perché legittimato dal salmo 72 della Bibbia che profetizza la venuta del Messia:

A lui si pieghino le tribù del deserto,
mordano la polvere i suoi nemici.

I re di Tarsis e delle isole portino tributi;
i re di Saba e di Seba offrano doni.

Tutti i re si prostrino a lui,
lo servano tutte le genti.

Perché egli libererà il misero che invoca
e il povero che non trova aiuto.

Da questo salmo scaturì anche un’altra tradizione riguardante questa volta l’origine geografica dei Magi, come si può notare i luoghi di provenienza dei “re” sono diversi da quelli citati dal Vangelo Armeno; molto probabilmente i luoghi citati nella Bibbia al tempo della scrittura dei Vangeli o non esistevano più, o erano noti con altri nomi.

I  doni che i Magi portarono al Signore hanno un grande valore simbolico ed esoterico:
l’oro simboleggia la scintilla divina, l’amore, la conoscenza, la sapienza e la sapienzialità (l’oro dei filosofi o alchimisti) è infine il colore dell’ultimo grado dell’ascesa alchemica;
l’incenso è un’essenza che nei processi alchemici serve a purificare ed è tutt’ora usato nelle funzioni liturgiche cattoliche;
la mirra è una sostanza resinosa utilizzata dagli egizi nei processi dell’imbalsamazione e rappresenta l’immortalità.

Se consideriamo il fatto che il cristianesimo a più riprese abbia cercato di occultare quei particolari poco ortodossi che male si addicono alla visione del mito cattolico, possiamo anche ipotizzare che i personaggi fiabeschi che vengono ora riconosciuti ufficialmente, fossero in realtà dei potenti signori dell’occulto (dove per occulto si intende ciò che è nascosto e non ciò che è maligno), la cui figura era talmente importante che Matteo non poté esimersi dal citarla anche se in maniera edulcorata.


Fabrizio e Giovanna


[1] La Sacra Bibbia – CEI Il Nuovo Testamento Vangelo di Matteo (Mt 1, 1-12)

[2] Vangelo dell’infanzia Armeno, Cap V par. 9, “I vangeli apocrifi”

domenica 1 gennaio 2012

I Giganti di Mont‘e Prama continuano il loro lungo viaggio

Tempo addietro, a Sassari, in occasione del termine del restauro dei Giganti di Mont’e Prama e’ stato firmato il protocollo d’intesa per la definizione dei programmi di valorizzazione del complesso scultoreo. Sulla destinazione di questi testimoni della storia isolana, nonostante alcune polemiche, si sa che sarà creato “Sistema Museale di Mont’e Prama” e che parte delle statue saranno inviate al Museo Archeologico Nazionale di Cagliari, alcune torneranno in quella che era la loro sede naturale, Cabras, in locali ancora in via di allestimento, ed infine una parte rimarrà nei saloni del Centro Restauro di Li Punti a Sassari. Nei particolari:


NOTIZIA COMPLETA: