L’Isola di Sardegna fu popolata
fin da epoche remotissime ed è quindi logico che fosse nota agli antichi
storici greci e latini.
Non avendo finora a disposizione
una letteratura sardo-antica (almeno ufficialmente) per cercare di ricostruire
il passato della nostra terra a 360° siamo costretti ad avvalerci delle
testimonianze lasciateci in eredità dagli storici antichi, soprattutto greci,
comunque di epoca molto tarda rispetto a quella che in realtà vorremo analizzare.
Per gli antichi greci la Sardegna
era un luogo quasi mitico la cui frequentazione da parte di eroi come Eracle o
Iolao era spesso determinata dagli oracoli; quindi le notizie in loro possesso
erano impregnate di elementi mitici e della tradizione orale.
lo
pseudo aristotele e diodoro siculo
Uno degli autori spesso citati
dagli studiosi è lo pseudo Aristotele il quale riporta una precedente
tradizione: “si dice che nell’Isola di
Sardegna esistevano degli edifici modellati secondo l’antica tradizione ellenica
(Micenea?) e molti altri splendidi
edifici, e delle costruzioni con volta a cupola e con straordinario rapporto
delle proporzioni”. Questa frase è stata interpretata come la testimonianza
che le strutture architettoniche sarde fossero una diretta filiazione di quelle
micenee e che gli edifici voltati a cupola fossero naturalmente i nuraghi. A
questo punto sorgono spontanee alcune domande:
-
quali sono esattamente gli edifici modellati secondo
l’antica tradizione ellenica?
-
quali sono gli altri splendidi edifici?
-
come mai lo pseudo Aristotele non conosceva il nome e
la funzione degli edifici voltati a cupola dal momento che non parla né di
templi né di fortezze?
Noi non conosciamo le risposte e
socraticamente ci limitiamo a porre delle domande atte a dare degli spunti di
riflessione.
L’autore in questione riteneva
che gli edifici di cui parlava fossero opera di Iolao che condusse nell’isola
una colonia formata dai Tespiadi figli
di Eracle perché quest’ultimo riteneva che gli appartenesse per diritto qualunque
terra situata ad Occidente.
In un altro passo attribuisce ad
Aristeo il merito dell’introduzione dell’agricoltura nell’isola e, per
dimostrare che prima dell’arrivo dell’eroe non esisteva civiltà, dice che nei
tempi più antichi prosperavano soltanto grandi uccelli.
Diodoro Siculo dà un’altra
versione del motivo per il quale Eracle decise di mandare in Sardegna Iolao e i
Tespiadi: al termine delle famose dodici fatiche Eracle attendeva di essere
accolto tra gli Dei dell’Olimpo, ma, secondo un oracolo, egli prima di essere
assunto tra le divinità doveva adempiere ad un ultimo dovere, doveva cioè
spedire una colonia nell’Isola di Sardegna con a capo i 50 figli che ebbe dalle
Tespiadi, data la loro giovanissima età nell’impresa furono guidati dal nipote Iolao.
Non tutti i giovani seguirono la
colonia, due di essi restarono a Tebe, perciò Iolao raccolse i restanti 48 e
molte altre persone che vollero unirsi alla colonia. I colonizzatori, secondo
l’autore, vinsero in battaglia gli indigeni e presero possesso della zona
pianeggiante dell’Isola e, soprattutto, di quella che ancora ai tempi di
Diodoro (circa 80 a.C.)
veniva chiamata Ioleo; bonificò la regione, piantò degli alberi da frutta e la
rese appetibile ai cartaginesi (il mito diorodeo è chiaramente in funzione
anticartaginese).
Come ben sappiamo gli autori
greci cercavano di riportare nella loro sfera di influenza culturale ogni opera
degna di nota, le grandiose strutture megalitiche che costellavano la Sardegna
non erano sicuramente sfuggite all’ammirazione degli antichi esploratori, esse
non potevano essere l’opera di barbari e incolti selvaggi, quindi Diodoro le
attribuiva a Dedalo chiamato nell’Isola dallo stesso Iolao.
Sempre secondo la tradizione,
Dedalo edificò “…anche ginnasi grandi e
suntuosi e istituì dei tribunali e tutte le altre cose che conducono alla
prosperità”(Anche in questo caso non è facile individuare questi edifici
dalle rilevanze archeologiche a nostra disposizione).
Iolao chiamò Iolaei gli abitanti
della colonia in accordo con i Tespiadi che gli diedero addirittura il titolo
di progenitore ponendolo tra gli eroi ecisti della Sardegna, perciò in seguito
furono istituiti dei riti che lo veneravano come “Iolao padre”.
Un oracolo di Apollo predisse la
libertà perpetua a tutti gli appartenenti alla colonia e ai loro discendenti,
tale vaticinio si rivelò esatto fino ai tempi di Diodoro, il quale affermava
che i discendenti dei Tespiadi, nonostante gli sforzi dei Cartaginesi e dei
Romani, mantennero ancora ai suoi tempi la libertà pur imbarbariti e segregati
nelle montagne.
Attraverso gli scritti di Diodoro
sappiamo che Aristeo, un altro eroe ritenuto fondatore, arrivò nell’incolta
Sardegna su suggerimento di sua madre, la ninfa Cirene, e vi si stabilì
istituendo la tecnica della coltivazione.
Anche in questo caso si può
notare che l’eroe in questione arrivò nell’Isola attraverso il suggerimento di
un essere sopranaturale (la ninfa) ed egli stesso era un semidio essendo suo
padre il dio Apollo.
Concludendo si può affermare
attraverso questa breve analisi che per gli antichi autori greci la Sardegna
era una terra mitica colonizzata da personaggi favolosi, insomma una terra
“altra” di libertà che, dietro la giustificazione del mito, cercarono di porre
sotto il loro dominio al fine di legittimare la loro vana intenzione di espandersi
verso Occidente.
Fabrizio e Giovanna