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lunedì 18 aprile 2016

Il ponte romano di Decimomannu



Decimomannu dista pochi chilometri da Cagliari e il suo territorio, fin dall’età punica, è sempre stato un punto di incontro dei traffici commerciali che rifornivano il capoluogo dei prodotti dell’entroterra. Il nome stesso ad Decimum lapidem, riconducibile all'epoca romana, ricorda il suo ruolo di importante nodo stradale, in esso infatti si incrociavano tre importanti strade che collegavano l’antica Karales a Sulci (Sant’Antioco), a Othoca (S. Giusta) e a Turris Libisonis (Porto Torres). Della prima strada si ritrovano le tracce sulla riva sinistra del Fluminimannu nelle rovine di un ponte  del quale rimangono tre arcate.



I trasporti avvenivano anche per via fluviale tramite il medesimo fiume, come testimoniano i ritrovamenti di anfore puniche contenenti analoghe carni ovine e bovine macellate, sia nello stagno di Santa Gilla, sia presso il corso del rio Mannu, un affluente del Fluminimannu, nell’agro di Senorbì, dove era presente un insediamento indigeno dedito a tale commercio.
Tra le merci che attraversavano i corsi fluviali si annoverano, oltre alle derrate alimentari, anche quelle destinate alle attività minerarie, alla carpenteria, all’arredamento e all’artigianato, come testimoniano le fonti letterarie e i ritrovamenti archeologici. Tra le citazioni letterarie ricordiamo Tito Livio, il quale riferisce che durante la seconda guerra punica la flotta romana passò l’inverno a Karales, per far riparare le imbarcazioni danneggiate durante una tempesta.[1]

Molto probabilmente la stazione di posta di Decimomannu  doveva avere anche una funzione di raccordo per gli spostamenti con imbarcazioni di vario tipo. Il Fluminimannu aveva una portata tale da poter contenere anche grosse imbarcazioni.


















Durante il medioevo, in caso di operazioni militari, per evitare le opere di difesa presenti sulla costa, l’unico modo per avvicinarsi con intenti bellicosi al capoluogo era quello via terra e questo era possibile risalendo la sponda occidentale dello stagno di Santa Gilla, percorrendo la via terrestre da sud-ovest e giungendo al ponte di Decimomannu per ripiegare senza destare sospetti a meridione verso Cagliari.[2]

Nell'estate del 1409 Fluminimannu, eccezionalmente in piena per quella stagione, fu risalito dalle truppe aragonesi comandate del re di Sicilia Martino il Giovane dirette alla conquista del castello di Sanluri.

Di questo ponte abbiamo una descrizione molto dettagliata nell'opera dell’ Angius: “Su questo (il fiume Carali) è un ponte molto nobile per i suoi tredici archi; opera quadrata, però barbara che accusa un’altra antichità, e pare costruzione di materiali di edifizii d’altro genere. La lunghezza è di metri circa 160, che però per la continuazione dé  parapetti, e lo protendi mento delle due estremità, pare disteso ad altri m 360. Dalla incuria e negligenza a ripararlo esso già patisce e non poco in alcune parti, e temesi sarà fra non molto fuori uso con lungo impedimento al commercio, e pericolo della vita di coloro, cui alcuna necessità spinga a passare da una in altra sponda. Siccome di esse tredici foci dieci sono ostrutte; però quando per le grandi piogge cresca il volume dell’acque, e sia la piena più che possa smaltire il libero sfogo, esse si sollevano, si reversano dall’una all’altra parte, e cagionano inondazioni di gran nocumento ai seminati”; p. 18: “Reliquie riferibili al medio evo [] dobbiam riconoscere di quei tempi il ponte dé tredici archi, che per quella età era certamente magnifico” [3]

Oltre al padre scolopio Vittorio Angius, anche altri studiosi dell’antichità, come Giovanni Francesco Fara[4], il canonico Giovanni Spano[5] e A. Della Marmora[6] hanno lasciato testimonianze ricche di ammirazione per questo raffinato manufatto.







Negli anni 1995-96 e 1999-2000 l’amministrazione comunale di Decimomannu realizzò, con il finanziamento della Regione Autonoma della Sardegna, i primi interventi di restauro e scavo archeologico nel ponte romano sul rio Fluminimannu.
In quell’occasione, oltre all'esecuzione dei lavori di restauro, vennero studiate le tecniche costruttive del ponte, di cui rimanevano ancora in piedi le prime tre arcate. 

















I confronti con i ponti di Porto Torres, Santa Giusta, Allai ed Alghero-Fertilia, insieme allo studio dei blocchi in calcare locale che si presentano perfettamente squadrati e combacianti tra loro nelle volte, permisero di datare il monumento all’inizio dell’Impero romano (fine I sec. a. C. - inizio I sec. d.C.).
















Durante i restauri fu possibile far riemergere circa 50 metri di strada romana realizzata con ciottoli fluviali della quale oggi si intuisce la presenza a causa dello stato di abbandono in cui riversa l’intera area.
La strada è delimitata da lunghi tratti di muro realizzato con grossi blocchi calcarei squadrati che aveva la funzione di proteggerla da eventuali inondazioni.





Attualmente molte parti del sito archeologico sono occultate dalla vegetazione e dall'incuria, però è possibile rintracciare alcune parti di esso grazie all’interpretazione fornitaci dall’archeologo Fabrizio Fanari delle varie parti emerse durante gli scavi.[7]

Sopra il ponte è presente un blocco in pietra calcarea che presenta due lettere latine su entrambi i lati, piuttosto corrose, delle quali è difficile dare un’interpretazione, l’archeologo Fanari giustamente esclude che sia una pietra miliare e ritiene che, vista la topografia del luogo, potrebbe essere un cippo di confine tra due territori. 





Fabrizio e Giovanna




[1] Liv. XXX 39,3
[2] Nel febbraio 1324 una flotta di 50 navi pisane guidata da Manfredo Donoratico “locum s.tae Mariae Magdalenae petens, equites et pedites omnes, qui partim Germani, partim Itali erant, in terram exposuit et Decimi oppidum, Calarim versus, petit”: L.F. Farae, De rebus Sardois III, 32, 15-21
[3] V. Angius, s.v. «Decimomannu», in G. Casalis, Dizionario geografico, storico statistico commerciale degli stati di S. M. il Re di Sardegna, VI, p.17
[4] Ioannis Francisci Farae, Opera, I, in Sardiniae Chorographiam, passi 132.35: “Flumen Calaris [] pontem maximum 13 fornicum, inter Decimum Magnum et Decimum Putzum transgreditur ac iuxta Villam Speciosam et Utam incedit in stagnumque maximum Calaris, non procul ab oppido Seminis, sese exonerat”, e i passi 210.5 “civitas Valeria a Tolemaeo dicta, quam non procul a Decimo fuisse docent monumenta quae ibi supersunt et antiqueae structurae aedes divo Nicolao sacrae ponsque maximus terdecim fornicibus connexus fulcitusque ”
[5] G. Spano, «bolli figulini di decimo», in Bullettino Archeologico Sardo 5, VIII:  “Sebbene vi siano rimasti pochi monumenti dell’antica grandezza romana, salvo il meraviglioso ponte di nove foci, della stessa solidità di quello di Torres, pure delle scoperte che succedono per caso, allorché i contadini lavorano la terra, è d’uopo riferire che fosse una popolazione molto agiata
[6] A. Della Marmora, Itinerario dell’Isola di Sardegna, Tradotto e Compendiato dal Can. Spano, p. 174, nota 3: “In Decimo … vi è da vedere il ponte romano di molte foci quasi intiero”
[7] Fabrizio Fanari, Decimomannu e il suo ponte romano: un importante nodo stradale della Sardegna antica, Fa parte di Per una riscoperta della storia locale: la comunità di Decimomannu nella storia


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