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sabato 28 gennaio 2017

L’ARRIVO DEI REALI A CAGLIARI NEL 1799 E L’ARRESTO DI VINCENZO SULIS



Il 3 marzo del 1799 un convoglio di sette navi mercantili con la scorta di un vascello da guerra inglese entrò nel golfo di Cagliari.   Le navi trasportavano la famiglia reale sabauda nell’ultimo lembo di terra in loro possesso dopo che i francesi ebbero occupato l’intero Piemonte, infatti il 9 dicembre del 1798 Carlo Emanuele IV, dopo aver abdicato, decise di raggiungere la Sardegna col consenso degli invasori.  
La corte sabauda fece prima una sosta a Parma, poi si recò a Firenze, dove si trattenne fino a quando a Livorno vennero allestite le navi e le vettovaglie loro necessarie.  Mentre i reali aspettavano che si compissero le operazioni necessarie per la loro partenza, a Cagliari si discuteva il da farsi in questa straordinaria circostanza.

La notizia dell’imminente arrivo dei Savoia aveva creato non poche preoccupazioni sia  in quei personaggi coinvolti attivamente nella cacciata dei piemontesi sia nelle istituzioni che decisero di rimettere ogni decisione ad una speciale commissione formata dalle prime voci degli Stamenti e da alcuni altri loro eminenti rappresentanti.
Questa commissione dopo aver preso contatto con la Reale Udienza, il Consiglio di Stato ed essersi consultata col capopopolo cagliaritano Vincenzo Sulis e avergli chiesto precise garanzie nei confronti dei reali, decise di inviare una deputazione a Livorno con l’incarico di consegnare al re un messaggio che lo invitava a raggiungere al più presto la Sardegna.

Per festeggiare il suo arrivo nel regno il 6 marzo il re concesse l’indulto per tutti i delitti compresi quelli politici. 
Questo fu solo il primo dei provvedimenti volti a riorganizzare il regno e ad esso ne seguirono diversi altri, infatti  il re ridistribuì le alte cariche conferendo al duca d’Aosta il titolo di governatore di Cagliari, di capo meridionale e della Gallura e generale delle armi,  il duca del Monferrato ebbe la nomina di governatore di Sassari e del Capo settentrionale e il duca del Genovese e il conte di Moriana furono nominati rispettivamente comandante della fanteria e della cavalleria miliziana.

Tra i provvedimenti decisi dalla corte alcuni furono fondamentali per il futuro dell’ormai quasi ex tribuno cagliaritano Vincenzo Sulis; questi minarono infatti il suo potere e, soprattutto, lo privarono della forza dei suoi miliziani con lo scioglimento delle centurie di volontari e il congedo dei comandanti il 27 marzo 1799.   




Questo provvedimento del re a pochi giorni dal suo arrivo avrebbe dovuto mettere in allarme il Sulis  che invece, come lui stesso riferisce nella sua autobiografia, non si avvide di nessun pericolo. 

Apparentemente egli godette della protezione del duca d’Aosta, ma la posizione non più sicura si rese chiara con le accuse di congiura contro la famiglia reale e le perquisizioni in casa sua dove vennero ritrovate delle lettere con la sua firma che in seguito risultò falsa. 
Era ormai chiaro che qualcuno tramava per la sua rovina ed egli riteneva fossero le stesse persone che furono da lui fermate nei loro numerosi tentativi di tramare contro il re e contro la monarchia.
Molto probabilmente, invece tutta la vicenda che scosse Cagliari nell’ultimo anno del 1700 fu abilmente orchestrata dalla corte sabauda per eliminare un pericoloso ostacolo al loro inflessibile assolutismo.  

A poco a poco le autorità fecero il vuoto intorno al loro bersaglio, vennero arrestati amici e parenti del Sulis, il tutto mentre il duca d’Aosta gli dimostrava amicizia e gli proponeva il consolato di Smirne che fu sempre rifiutato, perché il Sulis confidava nella protezione del duca convinto che fosse un uomo di parola.

Dopo aver incarcerato e scarcerato diversi amici e parenti del Sulis perché le accuse nei loro confronti erano inammissibili, i magistrati competenti si concentrano sul personaggio principale. Indagarono prima il giudice Mameli e poi il giudice Francesco Maria Pilo Boyl.  I due magistrati dopo lunghe indagini ritennero che tutte le accuse nei confronti del loro indagato fossero prive di ogni fondamento, ma stranamente i risultati di questa prima istruttoria non furono allegati alle carte processuali.  
Il 12 agosto venne emanato un ordine d’arresto per Vincenzo Sulis e per i suoi seguaci.  
Il tribuno, caduto ormai in disgrazia, si diede alla latitanza e si rifugiò in casa di un amico nel quartiere della Marina.  




Il 28 agosto la “delegazione della Zecca” deliberò di “doversi sopprimere quella causa calunniosa, indi procedersi economicamente nella medesima con  esiliare fuori regno tutti i calunniati e falsamente accusati compreso il detenuto Sulis. ” 
 Nonostante la delibera della delegazione in favore di Sulis e compagni, Carlo Felice,  che nel frattempo aveva aggiunto ai suoi innumerevoli titoli quello di viceré, lo mise al bando proibendo a chiunque di aiutarlo e dargli asilo e mettendo una taglia di 500 scudi sulla sua testa. 

Il fuggiasco vista la piega degli eventi, tentò di espatriare in Corsica, affidandosi al cognato Giovanni Battista Rossi e al proprietario della feluca napoletana sulla quale doveva fuggire, Tommaso Scotto, che lo tradirono consegnandolo al cavalier Raimondo Mameli, comandante della nave da guerra che li abbordò.
Il cavalier Mameli lo consegnò alle truppe che attendevano al molo che lo rinchiusero sotto stretta sorveglianza nella torre dell’Aquila (attualmente inglobata nel lato sinistro del palazzo Boyl).   



Dentro la torre dell’Aquila era sorvegliato costantemente anche durante i pasti e, a suo dire, il cavalier Villamarina non esitava a terrorizzarlo continuamente prospettandogli la forca sicura. Nel frattempo il processo andava avanti e si concluse con la condanna a carcere perpetuo da scontarsi nella torre dello Sperone ad Alghero.  


Fabrizio e Giovanna